Profughi, nell’accoglienza ognuno faccia la sua parte

Lunedì 31 agosto la nostra Associazione è stata convocata al Consiglio territoriale per l’immigrazione con le parti sociali e i sindaci dal Prefetto Laura Lega sull’emergenza profughi.

Abbiamo condiviso con il Tavolo di lavoro le nostre riflessioni e il nostro impegno alla formazione di una visione corretta sul fenomeno in corso, che ha proporzioni epocali.

L’accoglienza deve poter essere programmata. Ma il passaggio dalla fase emergenziale alla fase della programmazione sarà tanto più rapido, quando più ci saranno strutture a disposizione e la buona volontà di tutti.

Certo. Lo Stato deve essere equo e definire criteri di accoglienza omogenei sul territorio nazionale. Per questo abbiamo chiesto che ci sia un tetto sostenibile in rapporto al numero degli abitanti uguale per tutte le regioni/province.

Sull’arrivo dei profughi tuttavia (non una categoria astratta ma persone in carne ed ossa con storie spesso terribili alle spalle e nel cuore il desiderio di riscatto) vanno senz’altro sfatati alcuni miti negativi che una certa politica continua ad alimentare, svilendo le istituzioni e la Politica stessa, che devono porsi a servizio delle comunità risolvendo i problemi, non alimentando i conflitti.

Uno dei miti da sfatare è che le spese dell’accoglienza (circa 35 euro a migrante) pesino interamente sulle spalle degli italiani. Non è vero. Il 70 per cento della spesa, 516 milioni di euro, è coperta da fondi comunitari, dell’Unione Europea.

Altra cosa è dire che i territori che si impegnano nell’accoglienza devono essere premiati per incentivare le buone pratiche. E allora appare ragionevole chiedere allo Stato che per ogni euro dato all’ente che accoglie, un altro euro vada al Comune ospitante per creare un fondo da vincolare alla spesa sociale, e richiedere,  naturalmente, l’allentamento del Patto di Stabilità. Questo incentivo aiuterebbe i Sindaci che stanno rispondendo all’emergenza con più senso di responsabilità.

Un punto deve essere fermo: nessuna spesa a carico dei Comuni e distribuzione intelligente dei profughi, spalmata in tutti i Comuni della provincia (e del Veneto), evitando concentrazioni, e in nessun caso mettendo a rischio di peggioramento le condizioni di vita dei residenti.

L’altro mito negativo sono le malattie/infezioni di cui i profughi sarebbero portatori e il relativo rischio di contagio. L’opinione pubblica va tranquillizzata perché i migranti vengono visitati e c’è un’attenta sorveglianza sindromica.

E infine i numeri: la fantomatica “invasione” è una bufala. L’Italia attualmente sta accogliendo 93.608 migranti, di cui al Veneto è stato assegnato il 7%, meno della Sicilia (16%), della Lombardia (13%), del Lazio (9%), della Campania (8%).

Va detto inoltre che il numero di rifugiati accolti dall’Italia rimane modesto se comparato a quello di altri Paesi in Europa e nel mondo: in media infatti l’Italia accoglie un rifugiato ogni mille abitanti, ben al di sotto della Svezia (con più di 11 rifugiati ogni mille) e della Francia (3,5 ogni mille). Per non parlare poi di casi limite: in Medio Oriente il Libano, al confine con la Siria, ospita circa 1,2 milioni di rifugiati, pari a un quarto della popolazione del Paese.

Leggere questi dati ci fa riflettere. Perché aree del Paese e del mondo più povere della nostra stanno sostenendo uno sforzo più importante.

Se è vero, come ha dichiarato il Prefetto Laura Lega al Consiglio territoriale per l’immigrazione con le parti sociali di lunedì scorso, che alla provincia di Treviso nelle prossime settimane sarà chiesto un ulteriore sforzo di accoglienza, bisogna che tutti facciano la propria parte.

A cominciare dai profughi stessi che devono essere socializzati ai nostri usi e costumi e poter venire impiegati in attività socialmente utili per integrarli nel modo migliore nelle nostre comunità anche se vi rimarranno per poco tempo.

Va sottolineato l’encomiabile impegno nell’accoglienza di molti Comuni, delle Diocesi e delle parrocchie.

Ci sono ragioni economiche, non solo umanitarie dietro la nostra presa di posizione.

Le strumentalizzazioni, infatti, danneggiano la nostra economia. La provincia di Treviso esporta 10 miliardi di euro all’anno di prodotti, beni, servizi in ogni angolo del mondo, anche nelle aree da cui provengono i profughi. L’incapacità di accoglienza, l’ostilità manifesta, l’offesa inutile hanno risvolti economici a breve o a lungo termine, che rischiano di colpire chi esporta.

 

Giuliano Rosolen

Direttore della CNA provinciale di Treviso


 

ULTIME NOTIZIE

CNA TERRITORIALE DI TREVISO

Viale della Repubblica 154
31100 Treviso
Tel: 0422.3155 - Fax: 0422.315666
Email: info@cnatreviso.it
CF 94004630268
Tutti i diritti riservati


Powered by Sixtema Spa